Giorgio Locatelli

Giorgio Locatelli è (praticamente) un coach. E lo sa. Per questo è un ottimo chef e un eccellente comunicatore.

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Ho una grande stima di Giorgio Locatelli. Non lo conosco personalmente, ma è facile per un coach o per un professionista della comunicazione notare alcuni particolari che lo rendono oltre che grande chef, un fine comunicatore. Il merito è anche del percorso di vita, del Giorgio Locatelli uomo, una storia che comincia, sembra scontato, in una cucina.


Giorgio Locatelli nasce nel 1963 a Corgeno, in Lombardia, in un contesto alquanto particolare. Nel 1962, infatti, un anno prima della sua nascita, suo nonno, elettricista idroelettrico, decide di aprire un ristorante, sul Lago di Comabbio.


È qui che Giorgio impara la visione della cucina come luogo di collaborazione, in cui tutti partecipano dando il proprio massimo ed elevando ciò che sanno fare meglio, le proprie abilità: la cucina del ristorante di famiglia era come “un pattern”, rivela in una intervista. E per questo poi interpreterà tutti i suoi ristoranti come luoghi dove, sì, è necessario attenersi alla divisione dei compiti, ma soprattutto “attenzione a far sì che tutti possano collaborare al progetto”.


Avrebbe potuto continuare sulle orme familiari, e invece preferisce vivere a Londra e formarsi nelle cucine altisonanti del Savoy Hotel, sotto il nome di Anton Edelmann, e poi a Parigi, prima Laurent e poi al Tour d’Argent

Nel 1995 torna a Londra e diventa headchef, in un piccolo ristorante con appena 60 coperti, chiamato “L’Olivo”, dove osserva con occhio vergine cosa succede al di là della porta della cucina. Prima, nei grandi ristoranti, il suo compito finiva una volta consegnato il piatto al cameriere, mentre in questo ambiente diventa, come dice lui stesso, “ristoratore”.  Poi è la volta del ristorante “Zafferano” e della sua prima stella Michelin, in seguito rinnovata alla “Locanda Locatelli”, aperta nel 2002. Da notare come sia stato il primo italiano all’estero ad essere “stellato”.


Ci sono altre interessanti tappe della sua biografia, ma ci fermiamo qui, per concentrarci su di un altro aspetto. Sua figlia, ironia della sorte, presentava da bambina più di 600 allergie alimentari. Questa scoperta, avvenuta dopo uno choc anafilattico e una tragedia sfiorata, è stata affrontata da Locatelli come incoraggiamento ad andare oltre ed elevare la propria cucina alle esigenze che si presentavano. Via le noci, le noccioline e qualsiasi allergene dal ristorante (altrimenti la figlia non sarebbe nemmeno potuta entrare) e via libera a nuove sperimentazioni. A lei domandava ogni giorno cosa avrebbero mangiato i compagni a scuola e lui preparava gli stessi piatti, modificati e sicuri.


Aggiungo un altro pezzo, quello che tutti conosciamo, il Giorgio Locatelli giudice di Masterchef. Una volta entrato nelle file del programma disse: “Sarò severo, ma l’umiliazione non rientra nelle mie corde”. E così è stato. Ti ricordi di Gilberto, il 24enne arrivato anche in finale? Criticato sempre aspramente da Locatelli, oggi fa parte della sua “brigata”


Metto insieme i pezzi del puzzle che ti ho presentato, ti svelo cosa mi piace e mi affascina dell’uomo Giorgio Locatelli. La sua capacità di interpretare la vita e le circostanze con una visione di insieme molto ampia, il talento naturale dell’accettare le sfide ed “essere acqua”: al cambiare delle condizioni si risponde con nuove idee, con strategie che si possano adattare al cambiamento di ambientazione. La voglia di imparare, di conoscere e sapere dimostra una nobile umiltà, che poi si riversa anche nel suo ruolo di headchef: critico, esigente, costruttivo.

Infine, ho accennato alla sua cucina come “pattern”: cosa fa di Giorgio Locatelli anche un coach? L’idea di sviluppare le “skills" (voglio dirla con lui) delle persone, rendendole in grado di esprimere al top il proprio potenziale.


Sorprende davvero poco che, a quanto si vocifera, abbia progetti di comunicazione e non mi stupirei se questi fossero improntati a uno dei suoi adagi più famosi: “The most important thing for me is what I remember”. La cosa più importante per me è ciò che ricordo. Che significa allenare la memoria a selezionare ciò che vogliamo (ricordi l'attenzione selettiva?) e anche far tesoro di ogni singola tessera del nostro mosaico.

Caro Giorgio, perdonerai se ti parlo in maniera informale, mi destreggio tra i fornelli, ma non sarò mai tra gli aspiranti chef che si presentano nel tuo programma, ma sappi fin da adesso che seguirò con grande interesse il tuo ingresso (già avvenuto!) nel mondo della comunicazione. Chissà che non ci si ritrovi, una volta, a fare parte della stessa brigata.









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