Il potere delle parole

Immenso quanto sconosciuto, il potere delle parole. Come gli strumenti del pensiero possono cambiarti la vita

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“Ne uccide di più la lingua della spada” è un adagio che conoscerai e che identifica benissimo il forte potere delle parole. Una frase, una parola detta con attenzione e con il cuore può essere realmente di conforto, al contrario una lanciata come “sassi, precisi aguzzi pronti da scagliare su facce vulnerabili e indifese” diventa un’arma velenosa, capace di spaccare in due una persona.


La citazione è da una magnifica canzone di Samuele Bersani, che ti invito ad ascoltare, magari anche mentre leggi le mie, di parole.

Concentriamoci sulle parole che riservi a te stesso. 

Perché quelle sono probabilmente le parole più importanti in assoluto.


Pensiamo attraverso le parole, riusciamo a dare confini esatti ai concetti e ai sentimenti che albergano nel nostro io interiore grazie alle parole. È una delle abilità che ci distingue nettamente da tutte le altre specie animali: la capacità di fare ordine ed esprimere al proprio interno e all’esterno con espressioni verbali comprensibili un nostro sentimento, i ricordi, perfino i sogni.


Con le parole giuste puoi ispirare le persone o riuscire a darti forza per raggiungere un traguardo che sembra impossibile. Con quelle sbagliate rischi di rovinare tutto e di produrre ferite permanenti.

Il potere delle parole è spiegabile con una breve affermazione: ciò che diciamo, in un modo o nell’altro, diventa vero. E questa è “la magia delle parole”. Riferirsi a un bambino come “cattivo” o “buono a nulla” potrebbe significare condizionarlo per sempre, tanto che lui potrebbe identificarsi con questa etichetta, fino a fallire nei progetti della propria vita.


Che impariamo o meno a impiegare le parole come strumenti, queste agiscono sulla realtà, facendo prendere al fiume il suo corso. Possiamo costruire dighe, edificare ponti, alzare argini, o anche semplicemente lasciare che tutto scorra, ma è importante sapere che tutte le parole che usiamo (e anche quelle che tacciamo) lasciano una impronta sulle nostre vite (la tua e quella delle persone che ti circondano) e sul concatenarsi degli avvenimenti.


Ti è mai capitato di ripensare a un avvenimento passato e dire a te stesso: Cosa sarebbe accaduto se quella volta avessi detto …?

Ad alcuni di voi che state leggendo sarà successo di pronunciare o subire frasi del tipo: sei una delusione, non sei come ti volevo, e simili. Parole forti, che creano uno spartiacque tra il prima e il dopo. Anche se scagliamo questi dardi contro noi stessi.


È evidente, senza la necessità di citare chissà quali studi, che dobbiamo imparare a parlare, una seconda volta. Dobbiamo comprendere come scegliere le parole da usare, che siano verso noi stessi o verso l’esterno.

Quando ti guardi allo specchio, cosa ti dici? Darsi dello stupido per un errore commesso equivale a convincersi di non poter rimediare. Dirsi “ho sbagliato”, prendere atto dello sbaglio ha un effetto differente, più costruttivo.


Da oggi devi impegnarti a ripulire il tuo linguaggio, partendo dal cancellare le parole offensive, per noi o per gli altri, sostituendole con proposizioni mirate per la situazione in oggetto, capaci di essere energicamente stimolanti. 

Questa operazione, che sta spesso alla base del mio approccio con i miei coachee, comincia ovviamente dall’accettare ciò che siamo, smettendo di redarguirsi in continuazione.


Inoltre quando ci prendiamo in fallo potrebbe essere molto utile cercare di prendere le distanze da noi stessi, guardarci dall’esterno e parlarci in terza persona. “Nicola, adesso stai sbagliando. Per risolvere la situazione dovresti concentrarti su…”. Agire così ci permette di utilizzare aree differenti del nostro cervello e, attivandole, siamo più costruttivi. Una voce interiore ci guida passo dopo passo verso ciò che sappiamo già noi stessi di dover fare, consentendo un maggiore controllo emotivo.


Cito Pamela Weintraub su “Psychology Today”, che divulga le ricerche in questo campo di Ethan Kross, «nel modo in cui utilizziamo la prima persona o la terza, facciamo un passaggio nella corteccia cerebrale, nel centro del pensiero e nell’amigdala, nella sede della paura, avvicinandoci o allontanandoci dal nostro senso di sé e di tutta la sua intensità emotiva. La conquista della distanza psicologica consente l’autocontrollo, permettendoci di pensare chiaramente, di eseguire competenze. L’interruttore della lingua usata minimizza anche la ruminazione, col seguito di ansia e depressione, dopo aver completato un’attività. Liberi dai pensieri negativi, otteniamo prospettive, ci concentriamo profondamente, pianifichiamo il futuro”


I piccoli consigli che ti posso lasciare sono: evita le parole violente, cerca di evitare le negazioni e pensa sempre a ciò che stai per proferire, a te stesso o ad altri. Ora sai che avranno un preciso effetto sul presente e sul futuro.


E c’è un altro consiglio che voglio darti. Ti ricordi quando da bambini ci facevamo gli scherzi con parole pronunciate all’infinito, fino a sbagliare? Erano piccole sfide che già dimostravano il potere del ritmo collegato alla parola.

Ogni religione si collega a dei mantra. Lo sono le parole pronunciate e quasi borbottate all’infinito nelle religioni orientali, come anche i rosari pronunciati in gruppo nella fede cattolica.

In cosa consistono questi riti? Nella ripetizione all’infinito di parole, con un ritmo preciso e cadenzato, fino alla perdita di senso di ogni termine. Si arriva ad una azione autoipnotica, che permette al soggetto di astrarsi, prendendo consapevolezza e trovando il proprio centro.


I mantra aiutano la meditazione e portano la persona nel “qui ed ora”. Il che non significa che devi cominciare a recitarne uno di uno specifico credo, ma puoi pensarci su e adottarne uno tuo. Un rito, da ripetere ogni giorno e tutte le volte che sia necessario, come ad esempio dire a te stesso “ti voglio bene”, o anche “mi voglio bene”.


Scegli bene le tue parole, perché in un modo o nell’altro finiranno per essere vere.


“Le mie parole son capriole

Palle di neve al sole

Razzi incandescenti prima di scoppiare

Sono giocattoli e zanzare, sabbia da ammucchiare

Piccoli divieti a cui disobbedire

Sono andate a dormire sorprese da un dolore profondo

Che non mi riesce di spiegare

Fanno come gli pare

Si perdono al buio per poi ritornare”










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