Ho sbagliato

Tu riesci a dirlo? Ho sbagliato. Sei capace di imparare dagli errori?

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Ho sbagliato. Sembra che pronunciarlo sia molto difficile per tutti, un po’ come lo è imparare dagli errori. Volevo intitolare questo articolo “Come imparare a ballare”. Perché per capire come andare passo di tango (o qualsiasi altro ritmo) si cade e ci si rialza. Però il focus su cui voglio concentrarmi con te è differente: imparare dai migliori e non solo dai propri errori.


Ho sbagliato. Nemmeno Fonzie riusciva a dirlo, se come me hai guardato tutta la serie di Happy Days lo ricorderai sicuramente, eppure sbagliare è più che “umano”, è assai frequente. Quante volte capita di sbagliare un calcolo, di ricordarsi una data o un avvenimento in modo inesatto, oppure ti sei mai presentato con un ritardo colossale a un appuntamento? Al primo incontro con l’altra persona ogni discorso dovrebbe essere preceduto dalla formula “Scusa, ho sbagliato”.


Ricordi quella volta non hai dato ragione al tuo collega, che ce l’aveva? E quell’altra, con il tuo amico? Hai mandato la discussione in panegirici assurdi per dimostrare che la tua tesi era corretta, quando era palese il contrario. Allo stesso modo come senti il petto gonfiarsi di inutile orgoglio quando puoi finalmente soppesare la sentenza: “Te lo avevo detto”.


Sgombriamo il campo dalla malafede, ci sono molti motivi per cui ci comportiamo così e hanno a che fare con il “come siamo fatti”. Fumi un pacchetto di sigarette al giorno? Se la risposta è positiva, sai già da solo che ti farà male, ma cerchi di eludere il tuo cervello con ragionamenti poco razionali del tipo: “tanto con tutto quello che respiriamo ogni mattina in città…”. E invece potresti ora metterti davanti allo specchio e dirti: “È vero, ho sbagliato”. Hai tradito il tuo partner? Beh alla fine “non è colpa mia, è da tempo che non mi considera”.


Vediamo realmente di imparare dagli errori. Questo meccanismo si chiama “dissonanza cognitiva”, così lo definiscono Carol Tavris ed Elliot Aronson nel saggio Mistakes Were Made (But Not By Me). In una situazione in cui agiamo in maniera dissonante dalle nostre convinzioni o da ciò che sappiamo, la nostra mente mette in atto una strategia difensiva, quasi “auto-ingannandosi”.

Però adesso che lo sai puoi davvero buttare via l’ultima sigaretta o analizzare oggettivamente il perché del tuo tradimento, senza lasciarti abbindolare dai primi pensieri confortanti e difensivi: mostrati nudo ai tuoi occhi, senza protezioni. 


C’è un ulteriore fattore che rende oggi più che mai meno consueto dire: “Ho sbagliato” ed è la dimensione “social” (e non sociale) in cui viviamo. Può succedere di scrivere sparate grottesche, convinti di averlo fatto in casa propria, a finestre chiuse. Sbagliato: il mondo ti osserva, lì. Su Facebook, Twitter, Instagram la tua porta è l’intero globo connesso. Per cui accade a persone normali di pubblicare un tweet un po’ razzista, spegnere lo smartphone, salire su di un aereo, scendere dal volo ed essere “la notizia”, messi alla pubblica gogna sui social media, trending topic nel mondo. Licenziata per giunta. È la storia di Justine Sacco, che Jon Ronson ci racconta a TED. Un video che ti consiglio vivamente di guardare al termine di questo articolo, perché ti darà grandi spunti di riflessione. Ti basterà cliccare sul nome qui sopra.


Ma torniamo a noi, a quelle occasioni in che condividiamo sui social networks pensieri che non ci rappresentano e che, anzi, danno una immagine di noi errata. Le circostanze talvolta vogliono che, credendo di essere dei formidabili comici, facciamo una “battutona”. Entriamo in contraddizione e qualcuno ce lo fa notare, ma, sorprendentemente, siamo disposti a entrare in collisione con chi ci avversa. O se le cose si mettono male, preferiamo cancellare ciò che avevamo scritto. Senza scusarsi, ciò che non c’è più non c’è mai stato, ce lo diciamo, ma sappiamo che non è assolutamente così. Noi stessi pretendiamo sempre delle scuse credibili quando ci sentiamo offesi e una “cancellazione” non cambia i sentimenti che proviamo. 

E se Facebook inserisse il tasto “Scusa”? Questo cambierebbe le cose? 

Immagino di no. Ed eccoci arrivati oltre al fatto che le parole sono importanti, una frase può mettere in moto un ingranaggio grottesco, allucinante, incredibile. Per il quale non basterà mai dire: “Ho sbagliato”

Quindi, siamo in grado di imparare dagli errori? In questo blog ne ho già parlato e avevo portato avanti con determinazione il motto: “Sbagliando si impara”. E ci credo fermamente, il tuo errore è un feedback di cui tenere di conto, ma è necessario fare una distinzione: imparerai, se lo vorrai, dai tuoi errori. Non da quelli degli altri. 


È di gran moda raccontare le storie dei personaggi che sbagliano a più riprese e poi vincono e si tratta spesso di racconti avvincenti, divertenti, istruttivi anche. Tuttavia è difficile imparare dagli errori degli altri, da questi puoi imparare le strategie vincenti. Per fare un reale salto di qualità non bastano gli sbagli, servono gli esempi di chi è riuscito dove noi abbiamo fallito. Dobbiamo accettare e riconoscere il fallimento, per poi scoprire chi è andato oltre l’ostacolo, e come. Imparare dai migliori.


La PNL è proprio questo: la codificazione di ciò che funziona, un metodo applicabile che ti aiuta a comprendere le dinamiche, come vincere. La PNL e il coaching possono aiutarti a essere l’individuo che ha superato gli ostacoli, la storia di successo da raccontare. La stessa che sa dire con forza: “Ho sbagliato”, che sa gestire le emozioni, le parole e gli errori, diventando più forte e apprendendo dal prossimo tutto ciò che può essere utile per raggiungere i traguardi.

Ti lascio con una frase di Richard Bandler, il padre fondatore della PNL:


“Se vuoi rendere omaggio a qualcuno, spingiti più avanti di quanto non abbia fatto lui.”









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