Ho paura di morire. Quante volte ti è capitato di dirtelo, di pensarlo? Tuttavia mi è sempre parso evidente che vivere con la paura di morire sia una contraddizione, anche perché conosco bene il modo di superare questa paura. Quindi: come liberarsi della paura di morire?
Facile: è necessario divenire agricoltori della vita. Ovvero coltivare ogni giorno la propria esistenza sul piano lavorativo, di crescita personale e dando affetto a tutte le persone care.
Pochi giorni fa mi sono imbattuto in un video di Piero Angela, intervistato in un programma televisivo, in cui ripercorreva la carriera fatta, dagli esordi fino ad oggi. Con sorpresa della conduttrice è stato lui a parlare della sua morte, di come vorrebbe che avvenisse: “Come Moliere, durante il mio lavoro, un fotogramma che si ferma e rimane immobile, proprio mentre sto facendo ciò che mi piace”.
A livello individuale e professionale è essenziale, al fine di vivere bene, dedicarsi a ciò che amiamo, con passione, interesse, voglia di approfondire e di migliorare. Ognuno di noi deve imparare ad essere agricoltore di se stesso. Perché proprio come un agricoltore, dovremo lavorare duramente, armarsi di vanga e cominciare a rovesciare le zolle, eliminando i sassi (e mettendoli da parte per costruire il muretto a secco), per poi imbracciare la zappa e rendere più friabile il terreno, ospitale per tutte le sementi scelte. Arriva il momento della semina e della concimazione e da lì in poi è questione di tempo, attenzione ed esperienza.
Il seme germoglia ed è importante sapere cosa fare dopo, come far crescere la pianta robusta e capace di produrre i frutti desiderati.
Lo stesso vale per i tuoi amici e per la tua famiglia, l’unica rete di protezione che possa supportarti in ogni circostanza di difficoltà della vita. Un esempio su come superare la paura di morire e vivere con intensa volontà me lo ha dato Graziano Cioni poco tempo fa, su Facebook, con un suo post. Lo “Sceriffo di Firenze”, come lo chiamavano negli anni del suo impegno politico attivo, ha scoperto di avere il Parkinson, o, come lo chiama lui, l’inquilino inglese. Riporto qui le sue semplici, intense parole vibranti di vita.
“Avevo pensato che se avessi incrociato una malattia grave e fossi rimasto lucido certamente avrei deciso di calare il sipario, soprattutto se questa malattia mi avesse tolto l’autosufficienza. Come nelle peggiori profezie sono scivolato dove non volevo, da solo non riesco a fare niente.
Una volta aperta la porta all’inquilino inglese, lui, megalomane come nessuno, si è impadronito del mio corpo. A volte mi blocca rigido, altre mi inchioda i piedi sul pavimento, altre ancora faccio dei movimenti involontari. (…) Quindi, direte voi, amici miei, è giunta l’ora di calare il sipario.
Macchè… tutte le scuse sono buone per rimandare, anzi, in verità non sono scuse, è che sono innamorato della vita, sono terrorizzato al solo pensare di non vedere più tutti quelli che mi vogliono bene e mi sono stati vicini in questi anni.
C’è stato un piccolo episodio che mi ha ricordato la storia del sipario. Su Facebook una persona ha deriso la mia infermità e a questo punto sono intervenute due persone redarguendolo. Una di queste mi ha chiesto il numero di cellulare e subito dopo che gliel’ho dato mi ha chiamato “solo per sentire la tua voce, per sapere come stai, ti voglio bene”.
Queste parole fanno meglio delle medicine. Se avete un amico o un’amica che sta male, fatevi sentire, gli fate un regalo.
La mia ricetta per sconfiggere la paura di morire è semplice: coltivare una vita migliore, anzi, LA MIGLIORE DELLE VITE!
Dobbiamo ricordarci che la morte “esiste” (cit. “Ricordati che devi morire! Mò me lo segno!), ma solo per godersi ancora di più il “qui ed ora”, il nostro tempo.