Comunicazione efficace

È impossibile non comunicare. Quindi è meglio instaurare una comunicazione efficace.

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Soft skills e hard skills insieme sarebbero poca cosa senza il supporto di una comunicazione efficace. Saper comunicare è fondamentale, segna l’attitudine personale a costruire un rapporto con i colleghi, con il clienti, con i datori di lavoro o con un qualsiasi componente della famiglia.

Molti credono che una comunicazione efficace sia basata quasi esclusivamente sulla chiarezza di espressione, ma questi sono distanti dalla verità.


Perché è importante utilizzare una comunicazione efficace?

Ti sarà utile per sviluppare capacità di negoziazione, per aumentare le tue abilità di persuasione, per parlare in pubblico ed essere ascoltato e per fare la differenza in qualunque documento o relazione scritta o orale aziendale. E soprattutto una comunicazione efficace si basa su un approccio differente e “umano” che cambia completamente la vita.


Partiamo da una piccola riflessione. Anche il silenzio è comunicazione. Quindi possiamo avere una comunicazione efficace anche senza parole. I silenzi, se sappiamo usarli, possono esprimere molte cose, spaziare dall’ascolto più attento fino alla deprecazione.


È chiaro fin da qui che la comunicazione per essere efficace deve andare oltre alla parola. Nel 1971 Mehrabian, nel suo libro “Silent Messages”, scriveva che dopo attente ricerche aveva compreso che il “gradimento” complessivo di un messaggio trasmesso di persona dipende:


per il 7% dal contenuto

per il 38% dalla voce, intesa come tono, volume, velocità e timbro 

per il 55% dalle espressioni facciali, dai movimenti, dalla postura e dal linguaggio del corpo


Il 93% del risultato dei messaggi è affidato a tutto ciò che considereremmo istintivamente “contorno”.

È importantissimo tenerne di conto perché la maggior parte dei conflitti nascono da una comunicazione sbagliata. Ma adesso è giusto e fondato chiedersi: errata nel contenuto o nell’atteggiamento?


Ad ogni modo ne consegue che è rilevante imparare a comunicare in maniera più efficace possibile e il primo presupposto per ottenere questo traguardo è dare attenzione all’altro. Ovvero mantenere un contatto visivo costante e adeguato, lasciando spazio all’altro e magari riformulando i concetti dell’altro per comprendere se abbiamo davvero accolto il succo delle informazioni.

Assolutamente vietato è esprimere giudizi e opinioni su tutto e soprattutto subito.

Cominciamo col dare fiducia all’altro e a noi stessi, affidandoci alle nostre conoscenze e competenze quando crediamo che siano fondamentali per dirimere una questione.


Un altro fattore complica la comunicazione in generale ed è il funzionamento del nostro cervello, che tende, ahimè, a non aiutarci. Durante una conversazione o un’esposizione di altri tendiamo a ricordare bene i primi dati che ci vengono proposti (effetto primacy) e gli ultimi (effetto regency) quasi scordando ciò che sta nel mezzo.


All’inizio ci concentriamo e afferriamo tutti i dati e li immagazziniamo con prontezza: tutto ciò che ci viene detto viene anche archiviato proprio in virtù dello sforzo fatto.

Memorizziamo le ultime frasi per un meccanismo diverso che ha a che fare con la memoria a breve termine: le interiorizziamo solo perché sono quelle conclusive.


Quindi per riuscire a comunicare efficacemente è in primo luogo necessario fare attenzione ai nostri gesti, alla postura, al tono di voce: concentriamoci su noi stessi oltre che sull’altro.

Regoliamo tutto il “come” esprimerci sulla nostra audience e poi preoccupiamoci di dare spazio, ascolto, stabilire contatto, empatia e, infine, cerchiamo di creare senso di coinvolgimento e appartenenza.


Esistono molte tecniche per rendere la nostra comunicazione efficace, studia, allenati (anche allo specchio) ma soprattutto verifica che il messaggio che hai inviato è stato percepito come lo desideri e verifica (feedback) di aver veramente capito cosa ti ha detto il tuo interlocutore.


Congruenza! Si congruenza fra ciò che dici e come lo dici!


E ricorda!


Quello che dico lo penso (congruenza), ma non dico tutto quello penso









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